venerdì 1 marzo 2013

Le elezioni e i partiti che mancano

di Camilla Roman

Gli esiti delle elezioni sono state la conferma che l' approccio 'moderato' e 'responsabile' del PD e' stato un fallimento su tutti i fronti, non solo dal punto di vista dei valori ma anche come strategia politica
Per non parlare del fatto che, a parte i messaggi rassicuranti verso Bruxelles,  mancavano totalmente  di un programma con proposte concrete (o se lo avevano comunque hanno fallito miseramente nel comunicarlo)
Devo anche dire che nonostante li supportassi, RC non e' ovviamente la soluzione

Sarebbe dunque il caso di farsi domande fondamentali molto al di la' delle elezioni e del panorama politico in senso stretto - com'e' che siamo arrivati a una societa' dove  abbiamo consumatori anziche' cittadini/elettori? che mancano di capacita'/volonta' di analisi e  confronto, coscienza civica e politica?
Suoneranno di vecchio stampo, ma le attivita' educative e  di dibattito dei vari circoli, cellule, gruppi giovanili dei vecchi partiti etc etc avevano sicuramente un ruolo importante in questo senso. Il fatto che il loro declino abbia coinciso con la crescita esponenziale della televisione commerciale (e certi tipi di modelli culturali che propone(va) ha creato le condizioni ideali per l'avvento del telespettatore-consumatore-elettore.

Il ritorno dei grandi partiti, e altrettanto importante, del desiderio genuino dei politici di confrontarsi con la gente comune senza fare del populismo, mi sembra  sia uno sviluppo da augurarsi (anche se non escluderei il ruolo positivo di movimenti e pensatori al di fuori di essi - purche' non corrano nelle elezioni e rimangano fedeli al loro ruolo esterno che, alla fine, e' la loro forza).

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il gioiellino


La cineteca politica di Resistenza Internazionale
di Giulia Pirrone

Tra l'avvicinarsi delle elezioni ed il Festival della canzone italiana, l'ennesima gaffe sconcia di B., l'abbandono del Papa ed il presunto uxoricidio di Pistorius, possiamo dire che le ultime due settimane sono state ricche di eventi.

Eppure tutti questi temi non mi rievocavano altri titoli se non le avventure di Pierino o qualche thriller targato USA sulla pratica dell'esorcismo. Poi ecco che mi e' venuto in soccorso un evergreen nostrano, la truffa, in questo caso quella dei vertici del Monte dei Paschi di Siena, che mi ha riportato alla memoria il crac Parmalat,  di recente portato sugli schermi da Antonio Molaioli.

Il film e' uscito nel 2011 ed e' stato ricevuto in maniera abbastanza tiepida da pubblico e critica, nonostante vanti partecipazioni d'eccezione, come quelle di Remo Girone e Toni Servillo che figurano tra i protagonisti, e Theo Teardo, fra i più reputati compositori cinematografici del momento.

Il Gioiellino racconta le vicende del crac della Parmalat dal punto di vista di Tanzi e del suo collaboratore Tonna (rispettivamente Girone e Servillo), descrivendoli come 'reperti archeologici dell'Italia democristiana' piu' che come capitalisti rapaci. Ed i fatti sono descritti in maniera semplice in modo da far capire lo scandalo a qualsiasi tipo di spettatore.
La morale della favola e' il quesito posto con stupore che interroga su come tutto ciò sia potuto accadere, come se effettivamente i responsabili non fossero pienamente consapevoli delle possibili ripercussioni delle loro azioni.
Ed e' forse per questo atteggiamento ambiguo nei riguardi dei protagonisti, in cui molti intravedono un'assoluzione da parte di Molaioli dei personaggi, che il film e' stato recepito freddamente dalla critica.

Ad ogni modo Il Gioiellino e' la prima opera cinematografica italiana che affronta il rapporto tra finanza ed economia, e peraltro focalizzandosi su eventi ben precedenti l'esplosione della crisi 2006/2007.















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M5S rivoluzionario o conservatore?

Riproponiamo di seguito un pezzo di Wu Ming apparso su Internazionale durante le giornate elettorale. Il collettivo di scrittori accusa senza mezzi termini il M5S di essere un feticcio concentrato sulla protesta anti-casta in difesa del sistema invece di attaccarne le basi le ha consolidate, impedendo la crescita di un vero movimento di rottura con il capitalismo in crisi di inizio secolo - sul modello indignados, o occupy. Una analisi dunque in parte diversa da quella di Bedana sul nostro blog, che, pur sospettosa, sostiene che il M5S possa diventare una opportunità di rappresentanza e dunque avere più successo e meno ingenuità politica degli indignados.


Il Movimento 5 stelle ha difeso il sistema


di Wu Ming
da Internazionale

Adesso che il Movimento 5 stelle sembra aver “fatto il botto” alle elezioni, non crediamo si possa più rinviare una constatazione sull’assenza, sulla mancanza, che il movimento di Grillo e Casaleggio rappresenta e amministra. L’M5s amministra la mancanza di movimenti radicali in Italia. C’è uno spazio vuoto che l’M5S occupa… per mantenerlo vuoto.
Nonostante le apparenze e le retoriche rivoluzionarie, crediamo che negli ultimi anni il Movimento 5 stelle sia stato un efficiente difensore dell’esistente. Una forza che ha fatto da “tappo” e stabilizzato il sistema. È un’affermazione controintuitiva, suona assurda, se si guarda solo all’Italia e, soprattutto, ci si ferma alla prima occhiata. Ma come? Grillo stabilizzante? Proprio lui che vuole “mandare a casa la vecchia politica”? Proprio lui che, dicono tutti, si appresta a essere un fattore di ingovernabilità?
Noi crediamo che negli ultimi anni Grillo, nolente o volente, abbia garantito la tenuta del sistema.
Negli ultimi tre anni, mentre negli altri paesi euromediterranei e in generale in occidente si estendevano e in alcuni casi si radicavano movimenti inequivocabilmente antiausterity e antiliberisti, qui da noi non è successo. Ci sono sì state lotte importanti, ma sono rimaste confinate in territori ristretti oppure sono durate poco. Tanti fuochi di paglia, ma nessuna scintilla ha incendiato la prateria, come invece è accaduto altrove. Niente indignados, da noi; niente #Occupy; niente “primavere” di alcun genere; niente “Je lutte des classes” contro la riforma delle pensioni.
Non abbiamo avuto una piazza Tahrir, non abbiamo avuto una Puerta de Sol, non abbiamo avuto una piazza Syntagma. Non abbiamo combattuto come si è combattuto – e in certi casi tuttora si combatte – altrove. Perché?
I motivi sono diversi, ma oggi vogliamo ipotizzarne uno solo. Forse non è il principale, ma crediamo abbia un certo rilievo.
Da noi, una grossa quota di “indignazione” è stata intercettata e organizzata da Grillo e Casaleggio – due ricchi sessantenni provenienti dalle industrie dell’entertainment e del marketing – in un franchise politico/aziendale con tanto di copyright e trademark, un “movimento” rigidamente controllato e mobilitato da un vertice, che raccatta e ripropone rivendicazioni e parole d’ordine dei movimenti sociali, ma le mescola ad apologie del capitalismo “sano” e a discorsi superficiali incentrati sull’onestà del singolo politico/amministratore, in un programma confusionista dove coesistono proposte liberiste e antiliberiste, centraliste e federaliste, libertarie e forcaiole. Un programma passepartout e “dove prendo prendo”, tipico di un movimento diversivo.
Fateci caso: l’M5s separa il mondo tra un “noi” e un “loro” in modo completamente diverso da quello dei movimenti di cui sopra.
Quando #Occupy ha proposto la separazione tra 1 e 99 per cento della società, si riferiva alla distribuzione della ricchezza, andando dritta al punto della disuguaglianza: l’1 per cento sono i multimilionari. Se lo avesse conosciuto, #Occupy ci avrebbe messo anche Grillo. In Italia, Grillo fa parte dell’1 per cento.
Quando il movimento spagnolo riprende il grido dei cacerolazos argentini “Que se vayan todos!”, non si sta riferendo solo alla “casta”, e non sta implicitamente aggiungendo “Andiamo noi al posto loro”.
Sta rivendicando l’autorganizzazione autogestione sociale: proviamo a fare il più possibile senza di loro, inventiamo nuove forme, nei quartieri, sui posti di lavoro, nelle università. E non sono le fesserie tecnofeticistiche grilline, le montagne di retorica che danno alla luce piccoli roditori tipo le “parlamentarie”: sono pratiche radicali, mettersi insieme per difendere le comunità di esclusi, impedire fisicamente sfratti e pignoramenti eccetera.
Tra quelli che “se ne devono andare”, gli spagnoli includerebbero anche Grillo e Casaleggio (inconcepibile un movimento comandato da un milionario e da un’azienda di pubblicità!), e anche quel Pizzarotti che a Parma da mesi gestisce l’austerity e si rimangia le roboanti promesse elettorali una dopo l’altra.
Ora che il grillismo entra in parlamento, votato come extrema ratio da milioni di persone che giustamente hanno trovato disgustose o comunque irricevibili le altre offerte politiche, termina una fase e ne comincia un’altra. L’unico modo per saper leggere la fase che inizia, è comprendere quale sia stato il ruolo di Grillo e Casaleggio nella fase che termina. Per molti, si sono comportati da incendiari. Per noi, hanno avuto la funzione di pompieri.
Può un movimento nato come diversivo diventare un movimento radicale che punta a questioni cruciali e dirimenti e divide il “noi” dal “loro” lungo le giuste linee di frattura?
Perché accada, deve prima accadere altro. Deve verificarsi un Evento che introduca una discontinuità, una spaccatura (o più spaccature) dentro quel movimento. In parole povere: il grillismo dovrebbe sfuggire alla “cattura” di Grillo. Finora non è successo, ed è difficile che succeda ora. Ma non impossibile. Noi come sempre, “tifiamo rivolta”. Anche dentro il Movimento 5 stelle.

fonte: http://www.internazionale.it/news/italia/2013/02/26/il-movimento-5-stelle-ha-difeso-il-sistema-2/


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